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Testi » Fotografia & Dintorni » Scheda Articolo

Macao può essere un'opportunità. Per tutti.
Autore: Redazione - Pubblicato il 17/05/12 - Categoria Fotografia & Dintorni
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Chi vive a Milano sa che in questi giorni ha tirato un forte vento. Sembrava rispondere a quello del cambiamento invocato da Piazza Macao, il presidio di Via Galvani che, a seguito dello sgombero di martedì scorso, è sceso dalla Torre Galfa e si è spostato in strada.

I fatti, in sintesi: il 5 maggio i lavoratori dell'arte - collettivo che raccoglie tutti gli operatori dell'industria creativa, curatori, guardia sala, grafici, artisti, performer, attori, danzatori, musicisti, scrittori, giornalisti, insegnanti, ricercatori, studenti ecc. - hanno preso possesso di Torre Galfa. L'edificio, proprietà dal 2006 di Immobiliare Lombarda (leggi Fondiaria Sai e Salvatore Ligresti), pur trovandosi a due passi dai cantieri dell'esclusivo distretto Garibaldi/Repubblica, che sta trasformando lo skyline della città, risulta abbandonato da 15 anni.
Ne hanno fatto la sede di Macao, un nuovo spazio per le arti a disposizione di tutta la cittadinanza: un incubatore per nuove modalità di produzione e fruizione della cultura; un laboratorio aperto del fare e del pensare; un'agorà di incontro e proposta. Guai a farne uno sportello lamentele o un luogo di intrattenimento, l'invito è chiaramente a chiedersi cosa ciascuno può fare per Macao (inteso come opportunità collettiva) e non il contrario. Efficace, ad esempio, la scelta di organizzarsi in tavoli, da quello della comunicazione, a quello dell'architettura, delle arti visive, del gardening e così via, e di promuovere da subito un bando per proposte progettuali da sviluppare all'interno dello spazio. Un centinaio, ad oggi, le candidature, molte delle quali riguardano la fotografia.
Quella che a tutti gli effetti poteva sembrare “solo” un'occupazione, era invece, nelle intenzioni, la liberazione dell'immobile, monumento allo spreco annoverato tra i beni culturali della Lombardia, al fine di conservarlo e valorizzarlo.
Dieci giorni dopo, lo sgombero - nove le denunce per occupazione abusiva - e la visita del sindaco Giuliano Pisapia che fra occupanti e sostenitori ritrova una larga fetta del suo elettorato. Con lui arriva l'offerta di una porzione degli spazi disponibili all'ex Ansaldo (zona Tortona). Premesso che l'intera vicenda non si riduce alla mera richiesta di nuovi centri per l'arte, la proposta è stata accolta freddamente sia perché non risponde all'istanza di una collocazione fisica dal connotato “politico” sia, soprattutto, per la scarsa chiarezza in merito alle modalità di assegnazione dei locali, verosimilmente tramite bando, cosa che, oltre a non garantire di fatto nulla, implicherebbe la necessità della costituzione di un'associazione, una onlus o simili, snaturando la natura stessa di Macao.

Sì perché raccontare Macao è molto difficile. Nella sua natura magmatica, partecipata e orizzontale ha origine anche la sua vulnerabilità. Al momento in cui scrivo, la mancanza di un piano chiaro su come procedere e di precise indicazioni, gli stessi comunicati ufficiali sono poco tempestivi, lo rende facile vittima di attacchi e disinnamoramento. Senza contare la generale confusione che si diffonde fra chi lo segue e sostiene, basta leggere i commenti su social networks e blog. Credo che Macao voglia essere un processo oltre che uno spazio e la sfida sta tutta lì, nel trovare il giusto motore pragmatico che ne tuteli le tensioni senza sfigurarne la fisionomia.
Tanti gli stimoli emersi nel corso dell'assemblea a cui ho assistito, non in tempo, tuttavia, per ascoltare l'assessore alla Cultura Stefano Boeri, sacco a pelo munito. C'è chi propone comunque di visitare l'ex Ansaldo assieme ad architetti ed altre figure professionali che forniscano una valutazione competente dei locali. Diffusa, poi,  la preoccupazione di risultare il meno invasivi possibile per la popolazione del quartiere (via Galvani è chiusa al traffico e non sempre la notte trascorre “silenziosa”) assieme a quella di assicurare ordine e sicurezza a quanti dormono in strada per mantenere il presidio. Macao potrebbe anche iniziare a spostarsi, clonandosi in tante cellule su ruote che si diffondano nella città. Va detto che qualora si rivelasse percorribile la strada aperta da Pisapia, nulla vieta una certa ubiquità, su ruote o meno, con una sede in zona Tortona e altre, più o meno istituzionalizzate, ovunque paia opportuno (sotto il palazzo di Ligresti? davanti a Palazzo Marino?). Anche se mi manca la Torre Galfa illuminata di blù, spero che Macao sappia essere più forte del luogo simbolo che si era scelto e che, come ho sentito dire ieri, sviluppi un'identità  tanto riconoscibile da non aver bisogno di bandiere di alcun colore (in effetti non ne ho vista nessuna).
In questo Paese, nel quale il termine riqualificazione è diventato quasi sinonimo di speculazione immobiliare, è urgente costruire pratiche virtuose di ri-uso e assegnazione di quanto versa nel più totale abbandono. È altresì necessario capire che di cultura si può (e si deve poter) campare. Se, per queste o altre ragioni, ritenete che Macao vada protetto, potete sottoscriverne l'appello, chiedere che venga almeno affrancato dalla continua minaccia di sgombero. Non serve condividere ogni aspetto di questa protesta per farne un'occasione di dialogo sulle pratiche sociali ed economiche delle arti dal quale scaturiscano modelli e politiche. Se non nasce nulla significa che siamo rimasti ai soliti bei discorsi.
Per ora c'è Francesco, il bimbo di una delle ragazze del tavolo architetti che è nato proprio in questi giorni. Ogni bene, a lui e a Macao.


Arianna De Micheli

Foto: ©macao.mi.it


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