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Patishere
Autore: patrizia dottori
- Pubblicato il 16/11/08 - Categoria Mostre
Ora!
L'acqua diventa fuoco, le architetture un riflesso, il suo viso un'altro … Non so se sia proprio legittimo parlare di surrealismo a proposito delle opere fotografiche di Patrizia Dottori. Eppure la realtà si trasforma, diventa un mondo ulteriore, si spegne o si accende, si muove o semplicemente trasmuta. Apparentemente onirica, ma di fatto critica, l'artista produce, con il suo sentire, un mondo esterno unito a lei e imprescindibile da lei. Superando il dualismo, la materia, la spaccatura tra pensiero e natura, arriva alla poesia di un racconto che è esperienza e che si lascia alle spalle tutto ciò che è separato da questo rapporto di compenetrazione. Esperienza, conoscenza, cambiamento sono le fasi che attraversano il sua atto del rappresentare. La sua capacità di manomettere la scena prende forza dal suo essere lì in quel momento, dal respirare ed espirare ciò che la circonda attraverso narici che stranamente appaiono quasi sempre in primo piano, che spuntano da una prospettiva che elude la forza di gravità.
E' in questo modo che l'immagine resta dentro, permane nel significato di un profondo in-manére, affianca l'azione di se stessa, appare intransitiva pur inglobando la materia esterna. Tutto il mondo si rappresenta attraverso self-portrait che lei usa per mettersi alla prova. Si fotografa alle spalle, quindi, e si colloca nel punto x di una folla notturna, gioca casualmente con la scia delle luci, con le atmosfere del giorno. I luoghi dei suoi viaggi si rimescolano, si uniscono, si annullano. Non importa dove, importa solo in quale momento, ora! E lì, in quell'autoritratto, lei sorprende se stessa a fotografare se stessa. Simula la posa per ancor meno di un istante e fugge. E nello stesso modo cerca e fugge l'obiettivo, si fotografa per vedersi scomparire, in un attimo di sospensione.
L'acqua diventa fuoco, le architetture un riflesso, il suo viso un'altro … Non so se sia proprio legittimo parlare di surrealismo a proposito delle opere fotografiche di Patrizia Dottori. Eppure la realtà si trasforma, diventa un mondo ulteriore, si spegne o si accende, si muove o semplicemente trasmuta. Apparentemente onirica, ma di fatto critica, l'artista produce, con il suo sentire, un mondo esterno unito a lei e imprescindibile da lei. Superando il dualismo, la materia, la spaccatura tra pensiero e natura, arriva alla poesia di un racconto che è esperienza e che si lascia alle spalle tutto ciò che è separato da questo rapporto di compenetrazione. Esperienza, conoscenza, cambiamento sono le fasi che attraversano il sua atto del rappresentare. La sua capacità di manomettere la scena prende forza dal suo essere lì in quel momento, dal respirare ed espirare ciò che la circonda attraverso narici che stranamente appaiono quasi sempre in primo piano, che spuntano da una prospettiva che elude la forza di gravità.
E' in questo modo che l'immagine resta dentro, permane nel significato di un profondo in-manére, affianca l'azione di se stessa, appare intransitiva pur inglobando la materia esterna. Tutto il mondo si rappresenta attraverso self-portrait che lei usa per mettersi alla prova. Si fotografa alle spalle, quindi, e si colloca nel punto x di una folla notturna, gioca casualmente con la scia delle luci, con le atmosfere del giorno. I luoghi dei suoi viaggi si rimescolano, si uniscono, si annullano. Non importa dove, importa solo in quale momento, ora! E lì, in quell'autoritratto, lei sorprende se stessa a fotografare se stessa. Simula la posa per ancor meno di un istante e fugge. E nello stesso modo cerca e fugge l'obiettivo, si fotografa per vedersi scomparire, in un attimo di sospensione.
Francesca Pietracci